Passeggiata: “Primavera nel Borgo: passeggiando tra palazzi, chiese e giardini” |
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domenica, 17 maggio 2009, 14:00 - 23:00 |
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I LUOGHI VISITABILI
SANTUARIO DI SAN LUIGI DI SAZZO Il santuario di San Luigi di Sazzo è da secoli méta tanto di affollati pellegrinaggi quanto di singoli fedeli, provenienti da tutta la valle; il luogo in cui sorge, del resto, lo rende sosta quasi obbligata non solo per motivi di culto, ma anche a scopo ricreativo, essendo la prima tappa per una più impegnativa escursione lungo la pittoresca valle d’Arigna, all’imbocco della quale si trova.Il campanile, che fu ricostruito tra il 1892 e il 1893 dai capimastri Omobono Cenini e Innocente Corbellini in quanto giudicato “pericolante”, è ben visibile già da lontano; la chiesa, invece, sembra celarsi agli occhi del viandante per poi svelarsi nella sua massiccia possanza quando si giunge sul sagrato.La prima pietra fu posta nel 1608 là dove sorgeva la cappella castellana dei Quadrio, intitolata a San Michele; la consacrazione, nel 1664, vide presente il cardinale Federico Borromeo.Sobrio nelle linee esterne, secondo le disposizioni della controriforma il santuario ha navata unica e sei cappelle laterali. Nella prima, a sinistra, sede del fonte battesimale, è collocata una tela tardocinquecentesca (1596) attribuita con buona sicurezza al pittore Cipriano Valorsa di Grosio; di Giovan Battista Macolino, chiavennasco, invece, è la tela con i misteri del Rosario. La terza cappella di sinistra è dedicata al Santo titolare del santuario: vi si conserva un dipinto del Beato Luigi, davanti al quale arde una lampada.Ricche le decorazioni a stucco, in perfetto stile barocco, che ornano le cappelle e la navata. Il vero capolavoro è il monumentale ciborio in legno scolpito, intagliato, dipinto e dorato, opera seicentesca di Pietro Ramus: il tripudio di colonnine tortili, nicchie, statue culmina con la cupoletta a forma di bulbo che regge il Risorto, in ottemperanza ai dettami di Carlo Borromeo in materia di arredi sacri. L’organo e la cantoria furono realizzati tra il 1765 e il 1768 dall’intagliatore Mattias Peder coadiuvato da Antonio Rinaldi.Del Santo si conservavano le reliquie in una preziosa teca d’argento sbalzato (trafugata nel 1942), donata alla comunità da Giovanna Gonzaga, nipote di San Luigi.Per la visita è previsto il servizio di bus navetta gratuito, con partenza da Piazza della Vittoria ogni 30 minuti circa.
MUSEO PARROCCHIALE Già negli anni ’40 il parroco don Leopoldo Civati aveva avvertito l’esigenza di dar vita a un museo che preservasse da sicura rovina i numerosissimi oggetti collocati nelle chiese filiali ed esposti al pericolo di furti sacrileghi. L’idea fu ripresa negli anni ’70, quando don Lino Urbani decise di allestire, nell’ambito della casa parrocchiale, una prima raccolta museale dove confluirono affreschi strappati, dipinti, ritratti, ex voto, reliquiari lignei, suppellettili argentee inviate in dono dagli emigranti pontaschi e paramenti liturgici ormai obsoleti. La forte persuasione che un museo non debba essere solo luogo di raccolta e di conservazione, ma soprattutto luogo di studio e di conoscenza, indusse, tra il 1989 e il 1990, don Battista Rinaldi a pensare a una più consona sistemazione negli spazi attuali. L’ambiente architettonicamente più interessante, un tempo oratorio della confraternita dei Disciplini, è la “Sala delle Sibille” che prende nome dalle dodici Sibille affrescate sulla volta: per questi dipinti si fa il nome di Fermo Stella, convocato a Ponte da quegli stessi committenti colti, facoltosi e avveduti che, tra Quattro e Cinquecento, si avvalsero di artisti come l’Amadeo, i fratelli Rodari, i Del Maino padre e figlio, Bernardino Luini e Felice Scotti per impreziosire gli edifici del paese. Tra i pezzi più significativi del museo, oltre agli splendidi paramenti valorizzati entro apposite cassettiere, si segnalano le formelle superstiti del quattrocentesco portone della parrocchiale, quattro tele dipinte da Bernardino de Donati per fare da ante all’ancona di Giacomo Del Maino in San Maurizio e un dipinto del pittore bolognese Gaetano Gandolfi (1773).
CHIESA DI SANT’IGNAZIO La chiesa dedicata a Sant’Ignazio di Loyola si trova in Piazza Libero della Briotta, comunemente conosciuta come Piazza dei Frati. E’ unita all’edificio che un tempo fu sede del Collegio dei Gesuiti ed ora ospita la Biblioteca Comunale, la Scuola Media e il Museo etnografico. La costruzione ebbe inizio nel 1639, e procedette rapidamente, tanto che nel 1642 vi si celebrò la festa di Sant’Ignazio. L’apparato decorativo sarà tuttavia completato soltanto alla metà del Settecento. L’interno, ampio e luminoso, presenta le caratteristiche tipiche delle chiese gesuitiche: navata unica longitudinale; due altari laterali (attribuiti a G.B. Muttoni), le tribune, una cantoria sulla controfacciata, confessionali lignei. La volta al centro fu dipinta da Cesare Ligari nel 1749.
CASA PIAZZI ora CEDERNA
“Sü ai tre porti”: con questa espressione toponomastica (derivante dall’affacciarsi di tre portali, di altrettanti palazzi, sul medesimo crocicchio) si indica comunemente l’isolato in cui si inserisce il palazzo Cederna. Risalente, nelle sue parti più antiche, al XVI secolo, l’edificio raggiunse l’attuale aspetto tra il ‘600 (per le strutture architettoniche) e il ‘700 (per l’apparato decorativo di molte stanze). Fu della famiglia Piazzi - che nel 1746 diede i natali all’astronomo Giuseppe, ricordato da una lapide marmorea ubicata a fianco del portale d’accesso -, poi, per un breve periodo tra il 1800 e il 1900, dei Guicciardi e dall’inizio del secolo scorso della famiglia Cederna. Dal portale lapideo a tutto sesto, chiuso da un portone ligneo, si accede ad un elegante androne coperto da volte a crociera, con pareti decorate a graffito, opera di fattura recente, forse su disegno antico. Un breve scalone porta al primo piano, che dà direttamente sull’ampio brolo-giardino, reso celebre dalle memorie della scrittrice Camilla Cederna. Interessanti le coperture delle scale, ornate da affreschi con personaggi mitologici, la quadreria, tra cui due ritratti di Sant’Ignazio di Lojola e una vasta tela raffigurante la pianta di Gerusalemme. L’isolato comprende altri nobili palazzi: l’edificio di proprietà della famiglia Piazzi, altri già appartenuti alla stessa famiglia, la cappella gentilizia intitolata a San Francesco Saverio (sull’architrave: 1647).
CANTINE MARCHESI ora BERTOLETTI
(ingresso da via Enrico Guicciardi)
Le Cantine Marchesi, create nel 1864 dall’ingegner Luigi Marchesi, sorgono su edifici di varie epoche. Nel ‘400 furono inglobati preesistenti fabbricati duecenteschi; le ristrutturazioni sono continuate dal ‘700 al ‘900 con costruzioni di più ampio respiro e con buona continuità di soluzioni: come il portico per facilitare i trasporti e la balconata per l’essiccazione dell’uva. L’attività delle Cantine fu sostenuta dall’impegno appassionato e competente di Carlo Marchesi, diplomato nel 1889/1890 alla Scuola di Enologia di Conegliano Veneto che fece sì che i vini da esse prodotti venissero conosciuti ed apprezzati ben al di fuori dei confini provinciali e regionali. Oltre alla visita delle Cantine e del bel giardino ottocentesco all’italiana con piante secolari, nel portico, a visione del pubblico, “spigolature astronomiche”.
CANTINE CONVENTO - PALAZZO QUADRIO GIA' COLLEGIO DEI GESUITI
Intorno alla metà del XVI° secolo, il cavalier Antonio Quadrio donava le proprie sostanze alla Compagnia di Gesù con l’obbligo di istituire un collegio nel borgo di Ponte, al fine di provvedere all’istruzione della gioventù. Leggiamo, nell’Inventario del collegio della Compagnia di Gesù in Ponte, stilato nel 1657, che, a sud della chiesa di Sant’Ignazio si trova “un sedime di case, nel suddetto luogo e contrada; è detta casa della torre, dove di presente habita il collegio, che alias fu del quondam signor cavalier Antonio Quadrio Antoniano…; si comprende oltre la predetta casa l’horto, giardino, torre in mezzo al detto giardino e un pezzo di terra vitato costivo e cavativo, che si stende dal predetto giardino sino alla strada di sotto”. La breve descrizione, in realtà, può essere considerata come una originale, esaustiva seppur sintetica presentazione dell’insieme di edifici e terreni: vi compaiono, infatti, la chiesa, il collegio ad essa collegato (con gli spazi idonei per l’insegnamento, lo studio, la ricreazione, l’alloggio), affacciato a sud e a ovest rispettivamente sulla valle e sul paese, gli spazi variamente adibiti ad orto, giardino, vigneto e campo, in parte digradanti fino a lambire la strada acciottolata che porta a Chiuro. Né manca il riferimento alla torre, della quale ancor si vedono le basi, realizzate in grossi pietroni, nel cortile che oggi è annesso alla “scuola per edili”. Immaginiamo che le ampie cantine, impropriamente chiamate del “convento”, fossero spesso riempite del vino che, abbondante, affluiva al collegio, proprietario di vigneti affittati “a livello”. Dopo la soppressione dell’ordine, nel 1773, tutti i beni immobili divennero di proprietà comunale e confluirono nell’Azienda Istituto Scolastico che ne è amministratrice. L’edificio fu adibito ad uffici, abitazione, Scuola materna e, oggi, è sede della Scuola media e della Biblioteca comunale. Le profonde cantine dai soffitti voltati, dopo essere state in disuso per diverso tempo, sono ora – grazie a una convenzione fra il Comune di Ponte e la casa Vinicola Nobili - nuovamente tornate ad ospitare le botti colme della bevanda di Bacco.
CASA QUADRIO, ora SILVESTRI
L’edificio presenta una elegante facciata dipinta che interessa l’ala sinistra di un vasto stabile con pianta ad U di origine quattrocentesca, prospettante su Piazza Curzio. Elementi storici e dati stilistici suggeriscono, per questi affreschi, una datazione intorno al quarto-quinto decennio del Cinquecento. Il tema araldico risulta dominante e lo stemma dei Quadrio sta ad indicare che la casa appartenne a questa nobile famiglia di origine comasca, portatasi in Valtellina, e precisamente a Tresivio Ponte e Chiuro, tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo e da lì diramatisi in molte altre località della valle dell’Adda. La presenza, tra le finestre, dell’emblema della Repubblica delle Tre Leghe affrescato a grandi dimensioni trova giustificazione nel legame intrattenuto da alcuni esponenti della famiglia Quadrio di Ponte con il governo grigione: Gianbattista fu podestà a Traona nel biennio 1513-1514, mentre Simone Quadrio fu podestà a Morbegno dal 1514 al 1517. Per il momento non è invece stato riconosciuto lo stemma sulla sinistra. La parte bassa della facciata, compromessa dalla risalita dell’umidità, presenta un finto apparato murario. Sopra le finestre corre un raffinato fregio a monocromo su fondo azzurro, popolato da putti animali fantastici e figure antropomorfe. In alto, ai lati della colombaia individuabile per i fori attraverso i quali passavano i piccioni, è dipinto a tinte tenui un cielo solcato da nubi e da volatili. In linea con la moda dell’epoca, non mancano sulla facciata colte iscrizioni in latino e persino il comignolo a forma di torretta, purtroppo assai deteriorato, rispecchia il gusto dell’epoca.
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