Telescopio principale
Si tratta di un telescopio riflettore, quindi a specchi. Uno specchio posto sul fondo del telescopio (specchio primario) ha il compito di raccogliere la luce proveniente dagli astri e rifletterla, concentrandola, su un secondo specchio (specchio secondario) posto in cima al tubo ottico. Questo specchio secondario a sua volta riflette la luce sul piano focale, dove un oculare o un sensore elettronico restituiranno l’immagine per consentirne l’osservazione. Per consentire alla luce di raggiungere l’oculare, lo specchio primario è forato.
Nel caso del nostro telescopio, lo specchio primario ha un diametro di 50 cm mentre il secondario ha diametro 20 cm.
Gli specchi, ovviamente, non sono semplici specchi come quelli che abbiamo appesi in bagno o nel guardaroba. Si tratta di manufatti estremamente sofisticati, che richiedono una notevole precisione nella costruzione e sfiorano quasi la perfezione nella lavorazione. Molto raramente sono specchi piani, spesso presentano superfici curve che possono essere sferiche, paraboliche o iperboliche a seconda dello schema ottico impiegato. Nel nostro caso la configurazione è Ritchey-Chretien, dal nome dei due ottici che l’hanno inventato, e le superfici sono con curvatura iperbolica. Questo significa che la lavorazione è estrememente complessa e che i due specchi devono essere perfettamente accoppiati ed allineati per permettere alla luce di essere focalizzata con precisione. Il vantaggio è che le immagini restituite da questo sistema sono praticamente perfette ed esenti dai difetti (aberrazioni, in termini tecnici) caratteristici di altri disegni ottici.
Telescopi ausiliari
Montati sul tubo ottico principale (in parallelo, in termini tecnici) si trovano altri telescopi dedicati ciascuno ad un compito particolare.
Il primo è un telescopio rifrattore apocromatico: significa che la luce viene rifratta (cioè deviata) da un sistema di lenti in vetri speciali. Quindi la luce viene concentrata sul piano focale dove un altro sistema di lenti (l’oculare) si occupa di restituire l’immagine ingrandita. La definizione di apocromatico significa che le diverse lunghezze d’onda di cui è composta la radiazione luminosa vengono focalizzate nello stesso punto, riducendo al minimo la cosiddetta aberrazione cromatica, o cromatismo difetto tipico dei telescopi a lenti, la quale mostrerebbe gli oggetti luminosi con i colori leggermente sfalsati tra di loro. Il telescopio aopocromatico ha una apertura di 152 mm ed una lunghezza focale di 1200 mm. Il suo compito è di permettere osservazioni visuali e riprese in alta definizione di Luna, pianeti, stelle doppie. Può essere usato quindi sia in visuale, accoppiandolo con un oculare, che in fotografia utilizzando una camera di ripresa.
Il secondo è anch’esso un telescopio rifrattore, ma acromatico: qui la correzione della messa a fuoco delle diverse lunghezze d’onda è affidata alla sola lunghezza focale. Infatti il diametro è di soli 120 mm e la lunghezza focale è pari a 1000 mm. Il residuo di aberrazione cromatica è evidente sui corpi celesti particolarmente luminosi, come la Luna, Venere, Giove, ma il compito di questo telescopio è espressamente quello di guidare il telescopio principale durante le riprese. In poche parole, per consentire di scattare fotografie a lunga posa (anche di diverse decine di minuti) ed ottenere stelle puntiformi, è necessario correggere i piccoli errori dovuti alla meccanica della montatura, alle piccole deviazioni di allineamento al polo celeste e così via. Quindi questo telescopio è accoppiato ad un’altra camera di ripresa incaricata di osservare continuamente una stella, inviarne le immagini ad un computer che ne determina gli spostamenti all’interno del campo di vista e provvede a correggerli mantenendo perfettamente fisso il campo di ripresa dello strumento principale.
Il terzo telescopio sembra quasi un giocattolo in confronto agli altri, con il suo diametro di soli 60 mm ed una lunghezza focale di 400 mm. In realtà è uno strumento estremamente sofisticato, dedicato all’osservazione del Sole. Va ricordato che guardare il Sole attraverso qualunque strumento ottico non opportunamente filtrato è pericolosissimo. La concentrazione della luce solare sull’occhio provoca la immediata ed indolore cecità che spesso risulta permanente. Quindi la regola fondamentale è: non osservare mai il Sole se non con la guida di un esperto!
Quindi il nostro telescopietto è equipaggiato con un sistema di filtri che lasciano passare solo una ben precisa lunghezza d’onda rigettando tutte le altre e nel contempo la maggior parte dell’energia viene riflessa dagli strati riflettenti. In questo modo l’osservazione del Sole non soltanto è sicura, ma particolarmente appagante: la lunghezza d'onda trasmessa corrisponde all’emissione piu importante dell’elemento Idrogeno (H). Poiché questa è stata la prima linea mappata nello spettro solare, gli si è dato il nome di Idrogeno-Alfa (Hα) e questo ci consente di trarre informazioni sulla maggior parte dei fenomeni veramente importanti che avvengono nel Sole: le protuberanze, le strutture che circondano le macchie solari (facole), le stesse macchie solari, la granularità, i flares, e molte altre.
La montatura
Tutta la strumentazione ottica è installata sopra ad un importante componente: la montatura. Questa, oltre a sostenere tutto il peso degli strumenti, ha il compito di “inseguire” il moto apparente nel cielo dell’oggetto da osservare. Sappiamo infatti che la Terra ruota attorno al proprio asse in 24 ore circa. L’asse terrestre, inclinato, punta verso il Polo celeste nei cui pressi si trova una stella (Stella Polare) che ci facilita nella sua individuazione. La montatura ha anche la fondamentale funzione di compensare il moto di rotazione della Terra e dunque il moto apparente degli astri da Est verso Ovest, eseguendo un moto di rotazione in senso opposto a quello apparente del cielo. In questo modo l'oggetto da osservare rimarrà sempre al centro del campo d'osservazione. La montatura deve essere improntata alla massima rigidità, essere esente da flessioni o vibrazioni, deve mantenere una velocità costante nel suo moto di inseguimento in modo da mantenere sempre al centro del campo visivo l'oggetto inquadrato senza fughe. Infine deve essere costituita da una meccanica precisa ed esente da giochi meccanici che possano precludere la sua precisione. Attraverso un controllo elettronico dei movimenti, è possibile governare tramite una pulsantiera o un computer la gestione e il puntamento dei corpi celesti e, tramite apposito software che sia in grado di comunicare con l'elettronica e la meccanica dello strumento, annullare gli errori strumentali tramite correzioni del moto, puntare automaticamente un oggetto, e persino gestire lo strumento per via remota, via internet ad esempio.
Redatta da Franco Rama – Presidente Associazione Astronomica Valtellinese
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